5.14– Sesto, non uccidere III/IV(Matteo 5.21-26)
“21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna.23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
Il “Non uccidere” del titolo è un imperativo che però, nel testo originale, è espresso al futuro proprio a sottolineare che l’omicidio è il risultato di una serie di ragionamenti, del dare seguito a conclusioni, anche se non sempre: può essere volontario (premeditato e non), colposo (cioè non intenzionale, ma accidentale per colpa di chi lo provoca), o preterintenzionale, cioèil risultato di un intenzione diversa, come può essere uno spintone dato a una persona che, in seguito ad esso, cade, batte la testa e muore.
L’omicidio del primo tipo è chiaro: una persona decide in piena coscienza di porre fine alla vita di un suo simile organizzandosi e scegliendo le modalitàmigliori per realizzarlo. Si tratta quindi di precluderealla vittima qualsiasi possibilità di scelte future, di percorso, crescita, sviluppo; è decidere la soppressione di una vita per la quale solo Dio può stabilireun termine.
Sappiamo che la prima volta in cui leggiamo“Non ucciderai” è in Esodo 20, ma stante le varianti che comporta questo peccato troviamo un iniziale sviluppodel precetto e su come trattare la sua infrazione in 21.12-14 in cui è scritto “Chi percuote un uomo che, a motivo di questo, muore, sarà messo a morte. Se però non gli ha teso alcun agguato, ma Dio glielo ha fatto cadere in mano, io ti assegnerò un luogo dove egli possa rifugiarsi. Se uno agisce con premeditazione contro il suo prossimo,per ucciderlo con l’inganno, tu lo strapperai anche dal mio altareper farlo morire”: qui è distinto l’omicidio con premeditazione, lo stesso che fece Caino col fratello, da quello avvenuto perché chi ha uccisoha incontrato il proprio nemico casualmente e, accecato dall’ira, ha approfittatodell’occasione. Erano tempi in cui il “caso”,così come lo intendiamooggi, era un concetto sconosciuto e in essosi intravedeva la volontà di Dio;per questo era praticata l’estrazione a sorte, che oggi non può essere utilizzata come metodoperché dispensazionale della Legge e,nonostante questo,non sempre praticata.Vero è che gli apostoli, quando si trattò di rientrare nel numero 12, scelsero così Mattia anzichéBarsaba (Atti 1.25-36), malo Spirito Santo non era ancora sceso e l’elezione di Mattia fu il risultato di una preghiera fatta con la certezza di un esaudimento: “Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi due hai scelto per ricevere la sorte di questo ministero e apostolato dal quale Giuda si è sviato per andare al suo luogo”. Possiamo dire che gli apostoli, che attendevano l’arrivo del Consolatore promesso, avevano nella preghiera e nell’estrazione a sorte l’unico modo per risolvere il problema di chi potesse sostituire Giuda, il traditore.
Anche ai tempi dell’Antico Patto, comunque, questa procedura non era l’unica, come rileviamo dall’episodio in cui Gedeone, dovendo scegliere solo trecento uominiper combattere contro i Madianiti e gli Amalekiti, utilizzò un criterio che Dio stesso gli aveva suggerito.Gedeoneportò infatti una gran quantità di uomini assetati in un luogo dove vi eradell’acqua: “Tutti quelli che lambiranno l’acqua con la lingua come la lambisce il cane, li metterai da parte; così farai con quelli che per bere si metteranno in ginocchio” (Giudici 7.5).
Rientrando in tema, il colpevole di omicidio premeditato doveva essere messo a morte in base al principio che qualunquemale fatto al prossimo doveva ricadere suchi lo aveva commesso: “Quando alcuni uomini litigano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non muore, ma deve mettersi a letto, se poi si alza ed esce con il bastone, chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente, ma dovrà pagare il riposo forzato e assicurargli le cure. Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta. Ma se sopravvive un giorno o due, non sarà vendicato, perché è suo denaro.Quando alcuni uomini litigano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un’ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido” (Esodo 21.18-24).
Vigeva così il principio di reciprocità per un popolo che, composto da individui chiamati adessere santidalDio che liaveva eletti, nel caso facesserodel male aipropri simili, dovevanopagare di personaprovando su di sé le conseguenze delle azioni negative che avevano messo in attosuglialtri.Così l’omicidio premeditato o volontario non poteva essere tolleratoperché avrebbe precluso alla vittima un cammino con Dio all’interno di una società originariamente chiamata a realizzare il Suo regno sulla terra. Uccidere una persona equivaleva ad estraniarsi ed estraniarla da quel percorso comunitario e il fatto che l’omicidasopravvivessealla propria vittima era una realtà non aveva alcuna ragionedi essere.
Discutere oggi sull’ammissibilità della pena di morte o della legittimità della cosiddetta “legge del taglione”non ha senso perché nel cristianesimo reale, non nominale, i principi sono altri, non valendo il “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, ma il“non giudicate e non sarete giudicati, (…) perché con la misura con cui misurate sarà altresì misurato a voi. (…)fate agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi”(Luca 6. 31 e 37).Credo che il verocristianesimo sia diverso da quello apparente e che la società umana sia diversa quella cristiana, ben diversa da quella che dà per scontata l’appartenenza a un sistema religioso solo per un’aspersione praticata ad unsoggetto incapace di intendere e volere.L’appartenenza a Cristo si identifica nell’Ecclésia, alla quale la persona deve aderire responsabilmente e senza alcuna imposizione, nel popolo dei “chiamati fuori” da un mondo e da unconsorzio umanoche non gli appartiene.
Per l’omicidio volontario a seguito di uno scatto di ira incontrollata valeva quanto riportato in Numeri 36.16-19: “Ma se uno colpisce un altro con uno strumento di ferro e quegli muore, quel tale è omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte. Se lo colpisce con una pietra che aveva in mano, atta a causare la morte, e il colpito muore, quel tale è un omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte. O se lo colpisce con uno strumento di legno che aveva in mano, atto a causare la morte, e il colpito muore, quel tale è un omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte. Sarà il vendicatore del sangue quegli che metterà a morte l’omicida; quando lo incontrerà, lo ucciderà”.
Era poi contemplata la possibilità diun altro tipo di omicidio, quello che poteva verificarsiper difendere la propria casa o famiglia, se il fatto avveniva di notte: “Se il ladro, colto nel fare uno scasso, è percosso e muore, il proprietario non è colpevole di omicidio nei suoi confronti. Se il sole si era già alzato quando avvenne il fatto, egli è colpevole di omicidio. Il ladro dovrà risarcire il danno; se non ha di che risarcirlo, sarà venduto per il furto da lui fatto” (Esodo 22.2,3).Per il furto, infatti, se avveniva di giorno e quindi l’autore del crimine poteva essere identificato, vigeva il principio in base al quale chi lo perpetrava era costretto alla restituzione del doppio rispetto al valore del bene asportato.
Veniamo ora agli altri tipi di infrazione al sesto comandamento, che possono rientrare, per la Legge data a Mosè, in un’azione preterintenzionale: in questo caso valeva il principio del rifugio, o asilo, in sei città istituite allo scopo peraccoglierequanti provocavano la morte del proprio simile senza averne l’intenzione.“…e questa è la regola per l’omicida che si rifugia là, per aver salva la vita: chiunque ha ucciso il suo prossimo involontariamente, senza averlo odiato prima. Così, quando uno va col suo compagno nel bosco a tagliar legna e, mentre vibra un colpo con la scure per abbattere un albero, il ferro gli sfugge dal manico e colpisce il compagno che poi muore, quel tale si rifugerà in una di queste città e avrà salva la vita; perché il vendicatore del sangue, mentre l’ira gli arde in cuore, non insegua l’omicida e lo raggiunga, quando il cammino è troppo lungo, e non lo uccida anche se meritava la morte, perché nel passato non aveva odiato il compagno” (Deuteronomio 19.4-6).
La giustizia di Dio aveva istituito sei città di rifugio, o di asilo,per chi aveva causato la morte del suo simile senza volerlo, città“che voi designerete affinchévi si rifugi l’omicidache avrà ucciso qualcuno involontariamente; queste serviranno di asilo contro il vendicatore del sangue, perché l’omicida non sia messo a morte prima di comparire in giudizio dinnanzi alla comunità” (Numeri 36.12): il numero 6, che ci parla di imperfezione, fu istituito da YHWH a salvaguardia tanto del responsabile del reato quanto del vendicatore; fu un atto di protezione e non di distruzione al contrario di come agisce Satana, l’Avversario, colui che fu “omicida fin dal principio”che, oltre a tentare, accusa incessantementee suscita una vendetta accecata dall’odio. Tutto questo è simboleggiato nel capitolo citato dal versi 24a 26: “Ecco allora le regole secondo le quali la comunità giudicherà fra colui che ha colpito e il vendicatore del sangue. La comunità libererà l’omicida dalle mani del vendicatore del sangue e lo farà tornare alla città di asilo dove era fuggito. Lì dovrà abitare fino alla morte del Sommo Sacerdote che fu unto con l’olio santo. Ma se l’omicida esce dalle città di asilo dove si era rifugiato e se il vendicatore del sangue trova l’omicida fuori dai confini della sua città di asilo e lo uccide, il vendicatore del sangue non sarà reo del sangue versato. Perché l’omicida deve restare nella sua città fino alla morte del Sommo Sacerdote; dopo la morte di esso, l’omicida potrà ritornare nella sua proprietà”.
È interessante notare che le città di rifugio, sotto la custodia dei levitied istituite da Dio, eranotre ad Est ed altrettante ad Ovest del territorio;viste su una cartina risulta che erano disposte in modo tale da non essere difficili da raggiungereda qualunque luogoe ciascuna di esse era servita da un ottimo sistema viario.L’autore diomicidio-involontario – una volta giunto là, era protetto ma doveva risiedervi, non uscire dalle loro mura, altrimenti avrebbe potuto subire la vendetta del parente dell’ucciso.Sicuramente chi ha definito Nostro Signore la settima città di rifugio, quella perfetta, non ha commesso un errore: in fondo, chi si affida a Lui non lo fa mai perché ha peccato ribellandosi volontariamente, ma per completa ignoranza e, non conoscendo ancora la Sua grazia, non poteva comportarsi diversamente. Mentre eravamo tutti in quella condizione, Dio pensava a noi: “Io conosco i progetti che ho fatto per voi: progetti di pace e non di sventura, per darvi un avvenire e una speranza” (Geremia 29.11).
Il ritratto del cristiano in proposito è descritto dall’apostolo Paolo con queste parole: “Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, 7per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo” (Efesi 2.1-10).
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