07.04 – LE PARABOLE DEL REGNO: LA ZIZZANIA (Matteo 13.24-30)

7.04 – Le parabole del regno 3 (La zizzania, Matteo 13.24-30)

 

“4Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». 28Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». 29«No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio»”

 

            Leggendo la parabola colpisce la frase di apertura, “il regno dei cieli è simile a un uomo”, paragone non riferito tanto alla persona che compie una determinata azione, ma al suo modo di operare. “Il regno dei cieli è simile a” si troverà in molte parabole a conferma della totalità degli interventi di Dio nei confronti della sua creatura. Anche nel testo di oggi c’è un campo che, come nella prima parabola del seminatore, ma qui ancora di più, si riferisce a tutto il territorio da coltivare posseduto. Ora Gesù, dopo aver presentato nella parabola precedente la sorte che hanno i semi che cadono chi nella strada, chi nel terreno pietroso e chi in mezzo alle spine, entra nei dettagli occupandosi di ciò che avviene nel campo vero e proprio, seminato con “buon seme”, quindi una sorta di prodotto certificato dal quale si attende, come anche i suoi servi, un raccolto ricco e abbondante.

Nel “buon seme” riconosciamo il Vangelo, la Parola di Dio, che dà come risultato una crescita che l’apostolo Pietro descriverà con le parole “…generati non da un seme corruttibile, ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna” (1 Pietro 1.23). Poi l’aggettivo “buono” non può che rimandarci alla creazione, quando la frase “E Dio vide che ciò era buono” compare al termine di ciascun giorno che si concluse col Suo riposo dopo i sei. Il “buon seme” che viene messo nel campo porta in sé l’approvazione del Creatore proprio come fu all’inizio quando leggiamo “Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.” (Genesi 1.11,12). È evidente il rimando al tempo antico in cui c’era un progetto di perfezione e di equilibrio, lo stesso che si aspettava il padrone nel campo tramite il raccolto. Anche questa fu una parabola di cui i discepoli chiesero il significato: al verso 37 di questo stesso capitolo leggiamo “Colui che semina il buon seme, è il Figlio dell’uomo”. Addirittura poi, a testimonianza di quanto debba identificarsi chi ha creduto nella Parola, “il buon seme sono i figli del regno”. Un’identità totale.

Si arriva così al verso 25, che ci conferma che questo racconto sia in un certo senso speculare a quello della Genesi perché anche qui assistiamo ad una strategia ostile per rovinare, inquinare e se possibile distruggere tutto il lavoro accurato svolto con la semina, per quanto riguarda la parabola, e con la tentazione andata a buon fine, circa i nostri progenitori. Se con loro il nemico dovette mimetizzarsi e minare dalle fondamenta l’equilibrio e l’ingenuità-fragilità di Eva, qui raccoglie personalmente i semi di una pianta che non si trovava in commercio perché tossica, dando capogiri e vomito. Di sapore amaro, impossibile da distinguere dal grano o dall’orzo allo stato di piantina, in caso di contaminazione del campo chi faceva il raccolto era costretto o a estirpare le infestanti (ma come vedremo sarebbe stata un’azione poco prudente) oppure attendere che le due specie si lasciassero riconoscere crescendo.

L’azione del “nemico” viene fatta di notte, “mentre tutti dormivano” perché un campo, al contrario di un gregge, non lo si vigilava. Questo nemico agisce di nascosto, con il preciso obiettivo di rovinare il raccolto e lo fa con un’azione identica al proprietario del terreno, cioè semina: un ideale di vita falso, delle verità alternative, un modo di essere tossico, contaminante, indigeribile con l’obiettivo di rovinare il progetto del Creatore. C’è quindi un seme buono, la Parola di Dio che genera vita, e uno cattivo, del nemico, anch’esso una vita la dà, ma utile a portare danno agli altri. La spiegazione di Gesù, “Il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del regno e la zizzania sono i figli del maligno” (v.38), è eloquente sull’identità di questi personaggi e come purtroppo gli uni siano costretti a condividere lo stesso spazio, quello del mondo. E si badi che possiamo leggere il termine “campo” in due modi, cioè tanto il mondo inteso come terra, quando come Chiesa, poiché è la storia a insegnare che anche al suo interno si nascondono, più o meno bene, individui che tutto fanno tranne che portare un frutto buono a vantaggio degli altri, della dottrina o dell’esempio. Gli scritti del Nuovo Patto sono pieni di esempi in proposito e più volte sono scritte esortazioni a guardarsi dai falsi profeti, l’aggiornamento neotestamentario dei farisei del tempo di Gesù.

Leggiamo al verso 39 che “a un certo punto spuntò anche la zizzania”, cioè diventò ufficialmente riconoscibile suscitando la meraviglia dei servi, in cui possiamo identificare quegli angeli che non svolgono la funzione di mietitori: “…e il nemico che l’ha seminata è il diavolo, mentre la mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli”.

La domanda che i servi fanno al Signore del campo può essere letta come ingenua, perché la risposta se la sarebbero potuti dare da soli in quanto, per l’abbondanza della zizzania nel campo, difficilmente avrebbe potuto essere causata da semi portati dal vento. Va tenuto presente però cosa siano gli angeli, esseri innocenti a parte l’antica ribellione di alcuni di loro a Dio, che non hanno una volontà propria, ma sono essenzialmente degli esecutori ai Suoi ordini. La loro domanda è sotto certi aspetti simile a quella che rivolsero le anime dei martiri in Apocalisse 6.10,11: “Fino a quando aspetti, o Signore, che sei il Santo e il Verrace, a fare giustizia del nostro sangue sopra coloro che abitano la terra?– contro le zizzanie – E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completato il numero dei loro conservi e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro”.

Apriamo una breve parentesi: la loro è una domanda che, come quella dei mietitori, precede il raccolto finale. Anche ad essi viene detto di attendere e viene data loro una “veste bianca”, riferimento alla loro giustizia, quindi viene loro ricordata la beatitudine e la ricompensa che avrebbero avuto, ma che questa non sarebbe stata fruibile senza che prima fossero stati raggiunti da tutti gli altri, che abitavano ancora in un corpo di carne.

Mettiamo un attimo da parte ciò che Giovanni ci ha trasmesso per volere di Dio e torniamo alla risposta data ai mietitori: non era ancora il tempo per procedere. Se l’Apocalisse ci ha spiegato uno dei perché, qui Gesù ne dà un altro: si sarebbero strappate senza volerlo le piantine buone non per distrazione o errore, ma anche perché, essendo la zizzania cresciuta accanto al grano, le radici delle piante si erano intrecciate fra loro ed estirpando una piantina cattiva si sarebbe corso il rischio di fare altrettanto con il grano. Questo perché nessun’anima che il Padre ha dato al Figlio deve andare perduta.

Torniamo ora ai versi di Apocalisse successivi, quelli da 12 a 17: “E vidi quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge, e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. Allora i re della terra e i grandi, i comandanti, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti, e dicevano ai monti e alle rupi: «Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?».

Ecco, questo è un solo aspetto della mietitura, una delle sue fasi che, se ci verrà dato, affronteremo quando potremo fare un’analisi del libro dell’Apocalisse che, per il poco che è stato citato in questo studio, fa risultare assente la Chiesa.

Tornando alla parabola, anche ai mietitori viene detto di pazientare ancora un po’ di tempo, cioè fino a quando sarebbe stato impossibile sbagliare nel selezionare le piantine buone da quelle cattive e il raccolto avrebbe potuto iniziare e proseguire senza problemi. In tal modo l’opera del nemico sarebbe stata vana.

Ci sono poi due espressioni nella parte finale del racconto di Gesù che meritano un’attenzione particolare, cioè “lasciate che (…) crescano insieme” e “il grano invece riponetelo nel mio granaio”: la prima frase stabilisce che, purtroppo, chi appartiene ai figli di Dio è costretto a “crescere insieme” a chi serve un altro signore, che non può esservi pace sulla terra nel senso completo del termine, nemmeno nella Chiesa che dovrebbe essere assolutamente “santa”, ma che di fatto non lo è a livello di totalità, d’insieme umano, perché anche in essa si nascondono i “figli del maligno”. Anche l’apostolo Paolo, certo riferendosi alla zizzania, scrisse “Questi sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia, ma la loro fine sarà secondo le loro opere” (2 Corinti 11.13-15). La seconda frase è invece di una consolazione assoluta: “Il grano invece riponetelo nel mio granaio”, dove “invece” e “mio” dicono tutto quel che serve.

La mietitura fu così spiegata ai discepoli; “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli ed essi raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì– e non altrove – sarà pianto e stridor di denti. Allora– non prima – i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchie per ascoltare, ascolti.” (v.41-43).

Si compiranno allora tutte le promesse e ogni cosa sarà definita. E penso che già a Isaia fu rivelata questa verità: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”, e le stelle sono come il sole.

E per quanto riguarda infine il “mio granaio”, così diverso da quello degli altri, leggiamo ancora in Apocalisse: “Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Oméga, il principio e la fine. A colui che ha sete darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi bene; io sarò Dio ed egli sarà mio figlio” (21.6,7). Amen.

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