05.43 – LE SOLLECITUDINI ANSIOSE – prima parte (Matteo 6.25-34)

05.43 – Le sollecitudini ansiose I (Matteo 6.25-34)

 

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

 

Abbiamo letto delle verità importanti che costituiscono l’applicazione pratica dei principi esposti da Gesù in precedenza: il cuore ha un suo tesoro e a lui pensa e in funzione di ciò che prova agisce (“Dove è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”); l’occhio può essere puro o impuro e quindi ha una sua visione delle cose e della vita (“Se il tuo occhio è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso”), infine lo stato mentale della persona, che si trova nell’impossibilità di “servire a due padroni” perché una sola è la condizione di appartenenza che determina il risultato delle azioni di ciascuno. Il “perciò” iniziale del verso 25, allora, è la conseguenza di tutti e tre gli elementi messi insieme. I versi di cui ci siamo occupati nelle ultime riflessioni, sono stati una premessa a questo discorso di Gesù sulle sollecitudini ansiose, temine che ho preso in prestito da Saulo di Tarso che, scrivendo ai Filippesi, dice “Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna, ma siano in ogni cosa le vostre richieste notificate a Dio, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (4.6). È infatti Lui che dispone della nostra vita.

Ansia, preoccupazioni, tensioni sono quelle che in un modo o nell’altro dominano la vita dell’uomo naturale, sono quelle che rientrano nel “sudore della tua fronte” anticipato da Dio ad Adamo quando gli spiegò a quale prezzo si sarebbe guadagnato “il pane”. E tutti noi sappiamo quanto sia importante il sostentamento visto nella “vostra vita”: mangiare, bere, essere in salute, vestire. Possiamo dire che, sicuramente, in questi quattro termini si riassume appunto la nostra esistenza, è la premessa indispensabile per realizzare, concretare i nostri progetti.

Anche qui ciascuno reagisce a seconda del cuore, dell’occhio e della mente di cui è dotato perché il mondo, retto dall’Avversario, fa di tutto per esasperare il concetto del vivere e qui è necessario aprire una parentesi importante che riguarda ciò che è veramente utile oppure no. Ricordo che da bambino un mio zio, volendo farmi riflettere su come spendevo la “paghetta” che mi davano i miei genitori, mi chiese se ciò che mi compravo mi serviva davvero e gli risposi di no. Le sue parole furono: “Vedi? Se tutti spendessimo per le cose che ci servono veramente, risparmieremmo molti soldi, ma poi non sapremmo cosa farcene”. Da queste semplici parole vediamo che alla base di tutto c’è un inganno totale che va oltre al semplice pubblicizzare un prodotto da vendere: perché questo sia desiderabile, occorre prima provocare uno stato mentale che sia sensibile al superfluo, creare un mito, una situazione che in realtà non abbia un perché. Così, i soldi messi da parte, “in più”, finiscono per essere spesi in beni che non hanno un motivo reale di essere posseduti: “dobbiamo” spostarci il più celermente possibile, “navigare” in rete veloci e magari ogni componente della famiglia deve avere in tablet, una televisione intelligente, essere connessi anche quando viaggiamo, camminiamo. Una strategia per non farci pensare, ottenere risposte automatiche, delle emorragie di tempo che impieghiamo freneticamente senza rendercene conto.

L’Avversario, che progredisce nelle sue strategie col tempo perché mira a creare un sistema che sia interamente al suo servizio, ha cambiato profondamente la mentalità della gente anche solo negli ultimi vent’anni. Cinema e televisione non propongono più modelli positivi, non fanno più pensare, non provocano reazioni interiori nobili, ma istintive. I protagonisti sono “buoni” o “cattivi”, ma non s’interrogano mai sulla loro vita, non intraprendono un percorso interiore, non ne sentono il bisogno, al limite vanno in analisi. Gli spot pubblicitari ti propongono un mondo irreale in cui, se c’è una famiglia, è perfetta. Uomini e donne sono sempre di successo e hanno case bellissime, un lavoro appagante, auto da sogno (che anche se utilitarie vengono rappresentate come all’avanguardia in fatto di tecnologia) vengono inquadrate in paesaggi non naturali, ma realizzati con software dedicati. Meraviglie che un tempo incantavano i bambini e ora attirano i cosiddetti “adulti”, quelli maturi in età, ma non nella mente. E quello che un tempo era un bimbo prepotente, diventa un adulto che uccide perché non è in grado di affrontare qualunque negazione. Abbiamo la realtà aumentata, giochi in 3D, smartphone perché devi essere sempre connesso e soprattutto “condividere” contenuti sempre più mediocri perché l’estetica e la ragione, frutto di uno sforzo intelligente, non devono più esistere. La musica come architettura ricercata di suoni è bandita, al suo posto esiste il ritmo primitivo ossessivamente ripetuto e, se vengono introdotti testi, sono di una banalità devastante. Confrontando ciò che propongono i media con quello che è il messaggio cristiano, vediamo quanto l’uno sia opposto all’altro, quanto la preoccupazione reale sia diversa da quella imposta a un pubblico ormai immaturo senza possibilità di riscatto. Potremmo continuare all’infinito.

Devi sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà mentre ne hanno rinnegata la forza interiore” (2 Timoteo 3.1-5). Sono parole che abbiamo già ricordato.

Con le Sue parole Gesù indica una spazio mentale diverso e pone la domanda: “La vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?”: apparentemente c’è una contraddizione, perché la vita senza nutrimento è impossibile e il corpo deve coprirsi, mancando a noi il pelo come gli animali. Ricordiamo però le parole di Isaia 33.14-16: “Chi di noi può abitare presso un fuoco divorante? Chi di noi può abitare tra fiamme perenni? Colui che cammina nella giustizia e parla con lealtà, che rifiuta un guadagno frutto di oppressione, scuote le mani per non prendere doni di corruzione, si tura le orecchie per non ascoltare proposte sanguinarie e chiude gli occhi per non essere attratto dal male: costui abiterà in alto, fortezze sulle rocce saranno il suo rifugio, gli sarà dato il pane, avrà l’acqua assicurata”. E penso al Gesù stremato dal digiuno dopo le tentazioni di Satana nel deserto, di cui è detto che “gli angeli lo servivano”. La vita terrena, così importante perché con lei e attraverso di lei ci esprimiamo, non è ritenuta marginale dal Padre nostro che è nei cieli perché “Avendo da nutrirci e da coprirci, saremo di ciò contenti” (1 Timoteo 6.8). La vita terrena, se vista come unico bene, può portare ad un impiego smodato del tempo che abbiamo: molti sono quelli che fanno del lavoro una ragione di vita e lo vedono come realizzazione personale o per sfuggire altre realtà che non sanno affrontare o di cui rinviano la soluzione. Salomone scrive in Salmo 127.2 “Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto Egli lo darà nel sonno”. Sono concetti che la società umana rifiuta.

La “vita” che “vale più del cibo” e il “corpo più del vestito” si riferisce proprio alla nostra stabilità psichica, all’anima che, se abitata da qualcuno diverso dallo Spirito, si perde: vita come il risultato del nostro presente e vita futura, eterna, come collocazione nel Regno di Dio a seconda di come avremo vissuto. E la vita cristiana è impossibile senza una progressiva rinuncia a se stessi, non s’impara in poco tempo, ma è il frutto di uno sperimentare continuo, di un ascolto attento, di una verifica di come e a cosa pensiamo. A volte è una chiamata, altre è un’illuminazione che porta ad agire. Ho sentito molti giovani chiedere cosa dovevano fare per servire il Signore, pensando a chissà quali rinunce oppure opere che li attendevano: nel campo cattolico romano viene detto loro di stare insieme, essere buoni, partecipare a raduni e funzioni; in quello evangelico li si indirizza ad iniziative di evangelizzazione, campi estivi di studio biblico o manifestazioni pubbliche in cui si canta e danno opuscoli, ma non viene mai spiegato loro quanto è importante ricercare le rivelazioni di Dio nel silenzio del proprio intimo, contemplare ed ampliare quella luce che il Signore ha già dato loro, la fedeltà nelle piccole cose. Purtroppo, viviamo in un mondo che non riesce a sopravvivere senza spettacolo e mancano uomini e donne con una vera esperienza cristiana e memoria del loro passato.

Gesù, nel suo discorso sulle sollecitudini, invita i suoi uditori ad un’azione molto semplice, cioè “guardare”, che significa non solo osservare qualcosa o qualcuno, ma anche “proporsi qualcosa come scopo o come modello”, che nel caso del passo in esame sono gli animali, cioè i “corvi”per il nutrimento del corpo, e i “gigli del campo”per il vestire. Non viene detto che “tanto il cibo lo trovano comunque”, ma che “Dio li nutre”. “Quanto più degli uccelli valete voi!”. “Voi” che in me avete creduto, credete o crederete.

Allo stesso modo il giglio, quello di Etiopia che abbondava in Galilea, dai colori intensi e con sfumature molto eleganti, nella sua pur brevissima vita, è vestito meglio di Salomone che faceva sfoggio di raffinatezza ed eleganza: “La regina di Saba, quando vide la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, il modo ordinato di sedere dei suoi servi, il servizio dei suoi domestici e le loro vesti, gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza respiro” (2 Cronache 9.3). Facciamo caso alla reazione di questa donna: era una regina, per cui non certo una persona di poco conto e sicuramente aveva visto e conosciuto altri re ed altre corti oltre a quella, sontuosa, in cui di certo viveva, ma rimase senza respiro. Ebbene quel giglio, vestito da Dio padre come gli altri fiori del campo che non hanno cercato la loro eleganza con sforzo o l’intervento di uno stilista prezzolato, è superiore a tutto quello sfarzo che la lasciò senza parole.

Anche qui, come avvenuto con i corvi, il paragone con gli uomini fa riflettere: “Non farà molto di più per voi, gente di poca fede?”, anche se l’originale dice “non vestirà molto più voi”; sono parole che si riferiscono tanto al vestire nella sua quotidianità, quanto all’abito che indosseremo quando riceveremo il premio nella vita futura che ci attende, quando saremo un tutt’uno con Cristo. Un vestito di eternità, santità e giustizia. L’apostolo Pietro, che era presente quando Gesù pronunciò questo discorso, si ricordò del fiore del campo e, citando Isaia 40, scrisse che il cristiano è rigenerato “non da un seme corruttibile, ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore del campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno. E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato”. Amen.

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