La tentazione nel deserto II/II (Matteo 4.1-11)
1 Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». 5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». 7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». 8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». 11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Matteo scrive per gli ebrei ed è forse per questo che pone le altre due tentazioni in modo diverso da Luca. Entrambi non spiegano come avvenne lo spostamento dal deserto alla città santa, se corporalmente o in spirito. Matteo, in una traduzione più corretta, collega il secondo episodio con l’avverbio “allora”: “Allora il diavolo lo portò con sé nella santa città e lo pose sul pinnacolo del tempio”; “Allora” che sta a indicare una conseguenza, “a quel punto”, “stando così le cose”.
Il pinnacolo del tempio era un punto particolare: il “portico di Salomone” si congiungeva al “portico regio” di Erode: lì c’era una grande torre che si innalzava di circa 213 metri sulla valle del torrente Kedron più in basso. Giuseppe Flavio narra nelle sue Antichità Giudaiche che era impossibile affacciarsi da essa senza provare un violento senso di vertigine.
Ancora una volta abbiamo il “Se tu sei Figlio di Dio” questa volta accompagnato da una citazione scritturale dal Salmo 91: “1Chi dimora nel riparo dell’Altissimo, riposa all’ombra dell’Onnipotente. 2Io dico all’Eterno: «Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio Dio, in cui confido». 3Certo egli ti libererà dal laccio dell’uccellatore e dalla peste mortifera. 4Egli ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza. 5Tu non temerai lo spavento notturno, né la freccia che vola di giorno, 6né la peste che vaga nelle tenebre, né lo sterminio che imperversa a mezzodì. 7Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma a te non si accosterà. 8Basta che tu osservi con gli occhi e vedrai la retribuzione degli empi. 9Poiché tu hai detto: «O Eterno, tu sei il mio rifugio», e hai fatto dell’Altissimo il tuo riparo, 10non ti accadrà alcun male, né piaga alcuna si accosterà alla tua tenda. 11Poiché egli comanderà ai suoi Angeli di custodirti in tutte le tue vie. 12Essi ti porteranno nelle loro mani, perché il tuo piede non inciampi in alcuna pietra. 13Tu camminerai sul leone e sull’aspide, calpesterai il leoncello e il dragone. 14Poiché egli ha riposto in me il suo amore, io lo libererò e lo leverò in alto al sicuro, perché conosce il mio nome. 15Egli mi invocherà e io gli risponderò; sarò con lui nell’avversità; lo libererò e lo glorificherò. 16Lo sazierò di lunga vita e gli farò vedere la mia salvezza”.
Qui Satana, che conosce quindi la Scrittura e la distorce a suo favore. cambia strategia: non più una tentazione diretta, ma un discorso scritturale: alla luce del testo che abbiamo letto, Gesù viene invitato a gettarsi da quella torre solo apparentemente perché tanto la custodia garantita dagli Angeli ne avrebbe impedito la morte; in realtà con quelle parole invita il Salvatore a compiere un miracolo eclatante perché il popolo potesse credere in lui. Il testo non dice se la tentazione sia avvenuta di notte o di giorno, ma siccome Satana non aveva bisogno di credere in Gesù perché già lo conosceva, mette in opera una strategia volta a fare sì che il suo bersaglio, indebolito dalla fame e quindi nella mente, scegliesse un’alternativa più comoda al dover predicare, guarire individualmente infermi e indemoniati: buttarsi giù dal pinnacolo e atterrare senza danno. Tutto questo anche perché la tradizione religiosa ebraica sosteneva che il Messia si sarebbe manifestato proprio sul pinnacolo. Qui, allora, la tentazione è quella di mettere Gesù nelle condizioni di compiere un miracolo che non convertisse nessuno, ma fosse spettacolare, grandioso, che mettesse il popolo nelle condizioni di credere a quel condottiero vittorioso e invincibile che aspettavano.
Tutti i miracoli compiuti da Gesù, invece, avvennero sempre e solo perché l’uomo capisse e lo riconoscesse. Anche quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, fatto per sfamare 5.000 persone (Matteo 15.32-39), fu la dimostrazione tanto della Sua compassione quanto della totalità dell’amore di Dio che non abbandona alla fame né terrena, né spirituale, la propria creatura.
Proprio riguardando ai miracoli compiuti va osservato che, se Gesù non ne fece mai uno per sé, non ne fece mai neppure per dimostrare con manifestazioni inutili di essere quello che era. L’essenzialità di Dio è tale per cui va creduto per quello che è e soprattutto per tutto quello che ha fatto più che per miracoli che può sempre fare ancora. Del resto, un miracolo come la creazione di qualsiasi forma di vita e l’equilibrio del sistema è già di per sé molto eloquente. Infatti l’apostolo Paolo scrive che “le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da Lui compiute” (Romani 1.20).
Un miracolo deve avere un perché, un’origine e un fine spirituale e non è, né può essere, una manifestazione di forza o potenza fine a se stessa. Ricordiamo le parole conclusive della parabola del ricco e Lazzaro in Luca 16.19-31: alla richiesta di una manifestazione miracolosa ai suoi fratelli ancora in vita “affinché non vengano in questo luogo di tormenti”, Abramo risponde “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli”.
Ecco perché la richiesta di Satana era assurda e soprattutto fuorviante ed ottenne la risposta “Non tentare il Signore Iddio tuo”, oppure come nella nostra traduzione “Non metterai alla prova”, cioè non chiedergli di agire senza un motivo valido, che poi è il “pregherò con intelligenza” dell’apostolo Paolo, visto che Dio non tenta, né può essere tentato da alcuno. Tentare nel senso di provocarlo, come in questo caso, sì. Man mano che si procede nella lettura dei vangeli, come stiamo facendo, scopro tutta la mia ignoranza e impotenza perché i temi che si possono affrontare e studiare sono innumerevoli: si tenta il Signore parlando di lui senza riflettere ed esaminare noi stessi per primi come fecero ad esempio gli amici di Giobbe. Si tenta il Signore riducendolo a persona che ci debba ascoltare a tutti i costi. Si tenta il Signore non procedendo nelle vie della carità pur nominandolo e confessandolo davanti agli altri percorrendo così la stessa via di Israele che, convinto di camminare sui sentieri di giustizia si sentì dire “Voglio misericordia e non sacrificio” perché credevano, coi loro sacrifici formali per i peccati commessi, di poter regolare i debiti che avevano con Lui.
L’ultima tentazione è interessante perché pone un dubbio: a che scopo mostrare tutti i regni della terra ad uno che re lo era già? Lo era, ma “non di questo mondo”. Gesù era prima di tutto un uomo stremato. La forza della terza tentazione, seconda secondo Luca, stava tutta nell’apparenza perché Satana gli mostra dei regni umani, temporanei, pieni di una gloria e una ricchezza che non avevano nulla a che vedere con quella che aveva e avrebbe avuto dopo la Sua resurrezione. Sono indicative le parole dell’Avversario che riferisce Luca in proposito: “Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai davanti a me, tutto sarà tuo” (4,6).
A Satana è stato dato tutto il potere e la gloria dei regni della terra. Inutile aspettarsi giustizia da loro, solidarietà, comprensione, leggi che difendano i deboli. Sono regni che raggiungeranno il loro apice con quella “Babilonia la grande” che cadrà inevitabilmente, ma che produrrà ogni sofferenza ed empietà a danno di coloro che vorranno salvarsi da essa. Babilonia sarà il trionfo temporaneo di Satana, che la dominerà utilizzando dei suoi ministri come ha fatto da sempre. Fin’ora nella nostra lettura cronologica abbiamo incontrato Erode il Grande, prima di lui nell’Antico Testamento ve ne furono tanti altri e altri ancora ne verranno tanto nell’epoca della Scrittura quanto in quelli successivi. Satana, definito “Il principe” o “L’Iddio di questo mondo”, con questa tentazione, vorrebbe fare di Gesù un suo collaboratore.
“Dio di questo mondo” è un’espressione terribile perché rivela che gli uomini che non appartengono al Dio Vero ed Eterno appartengono di fatto all’altro che li porta alla rovina. Rare sono le persone che si dichiarano satanisti, ricorrendo a rituali specifici di adorazione a lui, ma molti sono quelli che si comportano come se il Dio vero non esistesse, convinti di essere liberi pensatori e padroni del loro arbitrio e destino, ma che in realtà appartengono al “Dio di questo mondo” e, comportandosi così, lo servono. Servono e inconsapevolmente omaggiano un dio illusionista che fa loro credere che la vita che vivono sulla terra sia l’unica e che li illude su una morte che si sa esista, ma si crede che venga il più tardi possibile: c’è tempo.
Mentre il Dio Creatore si rivela e si vuol rivelare, quello di questo mondo spesso si mimetizza. Mentre il Dio Creatore offre a chi crede in lui la vita eterna, quello di questo mondo propone miraggi visti in attese che, si realizzino o meno, sono destinate a frantumarsi per poi sfociare nella distruzione dell’anima vista nell’espressione “pianto e stridore di denti” usata spesso da Nostro Signore. Un caro fratello diceva che chi vuol vivere la propria vita come se Dio non esistesse, in realtà la imposta sul modello di una favola.
La lettura del Salmo 2, allo stesso tempo profetico e attuale, può aiutare a riassumere quanto detto:
“1Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano 2 Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato: 3 »Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!».4 Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. 5 Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: 6 »Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna». 7 Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato. 8 Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. 9 Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai». 10 E ora siate saggi, o sovrani; lasciatevi correggere, o giudici della terra; 11 servite il Signore con timore e rallegratevi con tremore. 12 Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia”.
Satana chiede a Gesù un segno esteriore di adorazione, il prostrarsi: un modo per dichiararsi vinto, inferiore. Possiamo pensare che questa sia l’ultima delle tre tentazioni perché è solo in questa che l’avversario si rivela pienamente come antagonista di Dio senza dire “Se tu sei il Figlio di Dio”. Chiede di essere adorato con la prostrazione, atto mediante il quale la persona esprime tutta la propria inferiorità ponendosi in una posizione di assoluta subordinazione.
La risposta fu “Vattene, Satana. Sta scritto infatti «Adora il Signore Iddio tuo, e a Lui solo rendi il culto»”. Fu a quel punto che il diavolo lo lasciò. Fu questo episodio che mise Gesù nella condizione di dire un giorno, a ragion veduta, “Fuggite il diavolo, ed egli fuggirà da voi”.
Giuseppe Ricciotti fa un’interessante osservazione sulle tre tentazioni scrivendo che tutte mostrano una chiara relazione con l’ufficio messianico di Gesù, al quale contrastano. La prima lo vorrebbe indurre ad un messianismo comodo ed agiato; la seconda, ad un messianismo raccomandato a vuote esibizioni taumaturgiche; la terza, ad un messianismo che si esaurisca nella gloria politica. Se ci pensiamo, sono le stesse richieste di quella parte del popolo ebraico che si pose in contrasto con Lui.
All’allontanamento dell’Avversario fa immediato seguito “Ed ecco, degli angeli vennero a lui e lo servivano”, cioè gli portarono del nutrimento, lo stesso verbo usato in Marco 1.31 quando parla della suocera di Pietro che Gesù guarì dalla febbre.
Con l’episodio della tentazione fu fatto un grande passo in avanti nel cammino verso la salvezza dell’uomo: Gesù aveva vinto sul peccato e poteva iniziare da lì a pochissimo tempo il Suo Ministero. Lo farà andando ad abitare in Capernaum, o Cafarnao, e scegliendo i primi discepoli. E Marco? Abbiamo letto che riporta un dato singolare cioè, oltre che parlare degli angeli che lo servivano, “stava con le bestie selvatiche”, sintomo dell’assenza di Satana e figura di quel periodo in cui sarà legato per mille anni e sulla terra non ci sarà nessuna forma di violenza neppure nel regno animale, quello in cui, in Isaia 11, viene detto “6Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. 7La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. 8Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. 9Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare.”
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