15.31 – Bartimeo II/II: salvezza e guarigione (Marco 10.46-52)

15.31 – Bartimeo II: salvezza e guarigione (Marco 10.46-52)

 

46E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

 

Dati nello scorso capitolo alcuni cenni di base su Gerico e chi fosse Bartimeo, ho ritenuto giusto chiedermi il motivo per cui, fra i tanti malati che furono guariti, anche “importanti” come ad esempio l’indemoniato di Gadara, proprio lui è riportato per nome da Marco. A volte si può supporre che un nome dal significato particolare possa avere spinto un autore alla sua citazione (pensiamo a Zaccaria, “Dio si è ricordato”, Zaccheo, “Puro, innocente”, Nicodemo, “Vincitore del popolo” e molti altri), ma “Bartimeo” non ha nulla di particolare, anzi in un certo senso sminuisce la persona perché il riferimento è al padre, “Figlio di Timeo” (Timeo=Onorato).

La dinamica dell’episodio, poi, apparentemente la si tende a vedere come qualcosa di già visto: abbiamo una richiesta insistente e gridata come ad esempio quella dei due ciechi che, quando Gesù uscì dall’abitazione di Giàiro, iniziarono a seguirlo e a gridare “Figlio di Davide, abbi pietà di noi!” (Marco 9.27-32).

Non credo sia allora difficile pensare che Bartimeo, vivendo in una città di transito, dove le notizie circolavano e quindi si parlava Gesù, dei suoi miracoli e di chi diceva di essere, abbia non sperato, ma pregato perché il “Figlio di Davide” potesse un giorno passare da Gerico. Se si spera si vive nell’attesa che un fatto improbabile si verifichi, se si prega si entra a far parte integrante del piano di Dio e quindi Bartimeo, nelle sue orazioni, chiese a Lui non tanto che potesse passare quel guaritore famoso, ma il Messia promesso cui riconosceva la facoltà di guarirlo da un’infermità che lo penalizzava e lo umiliava a tutto campo: in quanto non vedente non poteva accedere al Tempio, né offrire sacrifici, né avere qualche beneficio spirituale in quanto i rabbini consideravano la cecità al pari della lebbra; quelle condizioni erano ritenute un avvenimento conseguente all’infrazione del patto stabilito con Israele: “il Signore ti colpirà di delirio, di cecità e di pazzia, così che andrai brancolando in pieno giorno come il cieco brancola nel buio” (Deuteronomio 28.28).

Una vista sana fino alla tarda età, cosa improbabile a quel tempo, era una benedizione che Dio concedeva a chi gli era gradito, come ad esempio fu per Mosè, che “aveva 120 anni quando morì; gli occhi suoi non si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno “ (Deuteronomio 34.7).

 

Gesù, “Luce del mondo”, definisce la funzione della vista con queste parole: “La lampada del tuo corpo è l’occhio: se il tuo occhio è puro, tutto il tuo corpo è illuminato; se il tuo corpo è impuro, tutto il tuo corpo è nelle tenebre” e un amico, commentando questo verso, aggiunse “Ciò nonostante, noi vediamo”.

Ebbene Bartimeo, saputo che chi passava per Gerico era “Gesù Nazareno”, quindi proprio e solo Lui, subito “cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!»”. Mi sono chiesto le modalità interne di quel gridare e non ho trovato altra spiegazione nel fatto che, a parte il voler farsi sentire come è logico, in quel grido c’era racchiusa tutta l’urgenza del suo caso nel senso che Gesù, lì arrivato, doveva assolutamente essere informato del fatto che in quel luogo, lungo la via, ignorata, stava un’anima fortemente desiderosa di un Suo intervento. Il grido di Bartimeo, necessario perché doveva sovrastare il brusio della folla e i rumori della strada, è paragonabile a quello di chi sta per annegare e vede delle persone che potrebbero salvarlo, a chi chiama perché ha un bisogno urgente di soccorso, è la naturale reazione al fatto che erano state esaudite le sue preghiere di poter incontrare il Figlio di Dio.

Bartimeo quindi grida ignorando coloro che “lo rimproveravano perché tacesse”, anzi lo fa più forte, attribuendo a Gesù un titolo, “Figlio di Davide”, che apparteneva solo al “Servo del Signore” la cui opera era stata profetizzata da Isaia con parole sulle quali quel cieco pose la sua fede, “Si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno le orecchie dei sordi; allora lo zoppo salterà come un cervo,  griderà di gioia la lingua del muto” (35.5).

E allora arriviamo agli altri tre motivi per cui questa persona è ricordata col proprio nome:

 

Primo: Bartimeo non avanza nessuna pretesa o merito (come faceva il fariseo nei confronti del pubblicano) perché non ne aveva da offrire come garanzia di esaudimento. Non rimprovera Dio per la sua cecità, come molti fanno imputando a Lui tutti i mali di questo mondo senza tenere conto del bene che ricevono e del tempo di grazia prolungato a loro favore. È scritto che “Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” perché questi ultimi si ravvedano dalle loro opere, si convertano e siano salvati. Consapevole che il proprio bagaglio storico ereditato da Adamo ed Eva lo penalizzò con la cecità, Bartimeo si rimette alla pietà di Gesù che, come “il Dio che si è fatto carne”, era lì a pochi passi da lui.

Secondo: Bartimeo riconosce in Gesù la dichiarazione profetica di Isaia “Il Figlio ci è dato, il Figlio ci è stato dato, l’imperio è stato posto sulle sue spalle, ed è chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, principe della pace” (9.5) a differenza dei suoi compaesani che lo giudicavano come figlio di Giuseppe e di Maria da Nazareth (in altre parole, soltanto un uomo come noi).

Terzo, Bartimeo riconosce in Gesù la potenza di ridargli la vista: la sua preghiera, la sua grande fede non aveva ripensamenti, dubbi come spesso avviene per molti che si identificano nel tipo di terreno visto nella parabola del seminatore, “Quello seminato fra le spighe è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto”. La preghiera di quest’uomo era di tale intensità che concretava la dichiarazione del profeta Geremia: “Voi mi invocherete e ricorrerete a me ed io vi esaudirò; mi cercherete con tutto il cuore, mi lascerò trovare da voi, dice il Signore, cambierò in meglio la vostra sorte” (29.12).

 

Ebbene, molti dei presenti, convinti che Bartimeo volesse chiedere a Gesù l’elemosina, lo sgridavano per farlo tacere poiché Lo importunava: se un tempo potevamo applicare questo comportamento a coloro che ostacolavano il percorso spirituale di quelli che gridavano a Gesù perché li liberasse dal loro stato di peccato, oggi così è per tutti coloro che propongono all’uomo alternative utili a reprimere sul nascere questo tendere a Dio. Non si tratta di abolire il crocifisso nei luoghi pubblici, ma di eradicare l’istinto naturale che porta l’uomo a porsi alla ricerca della Verità, pregarLo perché si possa rivelare a chi lo vorrebbe trovare. L’apostolo Pietro scrive, per entrambi i casi, “…per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano. Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti” (1a, 4.4).

Come fece la vedova protagonista della parabola del giudice iniquo, Bartimeo non si scoraggia davanti a quegli ostacoli umani e proprio questa sua importunità nel disturbare il Maestro, a dispetto di quanti lo sgridavano, fu giudicata da Lui positiva, e infatti obbligò quelle persone a chiamarlo. Nostro Signore non rifiuta la grazia a coloro che gliela chiedono con fede e certo che se non avesse visto quella sincera di Bartimeo, proprio perché Egli sa leggere nel cuore dell’uomo, gli avrebbe magari dato solo l’elemosina, se era questo che cercava.

Anche la reazione di quest’uomo è importante perché giunge addirittura a gettare via il proprio mantello, l’unico suo avere che lo riparava dal freddo, dal caldo (se teso per fare ombra) e dalla pioggia: questo gesto è il primo atto di fede nel fatto che avrebbe ricevuto la vista poiché egli sapeva che, una volta chiamato da Gesù, quel mantello, certo logoro, non gli sarebbe più servito perché, per come lo utilizzava, non lo avrebbe più qualificato come mendicante. Il mantello che penalizzava Bartimeo era, figurativamente, quello ereditato da Adamo ed Eva.

E siccome nella Scrittura non vi è nulla che non vada oltre al fatto in sé, ecco che l’applicazione spirituale a proposito del mantello gettato via è rilevabile nei seguenti brani di scrittura: “Anche noi, circondati da un così gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Ebrei 12), dove “deposto tutto ciò che è di peso” ha connessione con l’invito di Gesù a tutti coloro che sono affaticati e oppressi secondo le sue parole “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Matteo 11.29).

Un secondo riferimento lo abbiamo nella prima lettera di Pietro 2.1: “Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale per crescere con esso verso la salvezza, se davvero avete già gustato com’è buono il Signore”.

La domanda “che cosa vuoi che io faccia per te?” indica la disponibilità di Gesù a intervenire in modo risolutivo lui: vero è che il grido “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” era già stato dato, ma era necessario che Bartimeo specificasse cosa volesse perché, per quanto potevano saperne Lui e gli altri, poteva essere stato lanciato per ottenere l’elemosina.

Certo che la risposta di Bartimeo, “Rabbonì – mio maestro –, che io riabbia la vista!”, fece provare vergogna ai presenti che lo volevano zittire e lo vedevano solo come un mendicante  importuno; per coloro che hanno vissuto tanto tempo nelle tenebre, avere la possibilità di vedere la luce ha un prezzo impagabile e per Bartimeo la speranza, da tempo tenuta nascosta in lui, di vedere la luce si era concretata con la visita di Gesù a Gerico e fu proprio Lui la prima persona che Bartimeo vide. Meraviglioso. Lo vide venire dal suo buio. Non riesco a pensare cosa possa aver provato non tanto nell’essere guarito, ma nel vedere il volto del suo Salvatore. Ogni dolore, umiliazione e pena evaporarono vedendo quello sguardo. Purtroppo, si tratta di un’esperienza che fisicamente non possiamo fare, ma spiritualmente sì.

Matteo riferisce che dopo la richiesta di Bartimeo, Gesù, mosso a quella pietà che con tanta forza era stata invocata, gli toccò gli occhi accompagnando il suo gesto con le parole “Va’, la tua fede ti ha salvato” unendo e guarendo così  l’infermità del corpo e quella dell’anima che, come afferma l’apostolo Paolo, sono due elementi indivisibili: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 5.23). Con il suo sacrificio, infatti, Gesù non salva solo l’anima, ma anche lo spirito e il corpo dell’uomo.

L’immediata guarigione di Bartimeo nella sua triplice componente di corpo, anima e spirito, viene poi dimostrata dal fatto che subito si mise a seguire il Maestro. Altri come lui non l’avevano fatto. Alcuni se ne andarono “glorificando Iddio”, altri, nove lebbrosi su dieci, non tornarono nemmeno a ringraziare, altri ancora avrebbero voluto seguire Gesù, ma fu loro ordinato di rimanere nel luogo in cui erano stati guariti perché dessero testimonianza nei loro territori. Bartimeo, invece, fece una scelta immediata e precisa divenendo un discepolo ed è anche questo uno dei motivi per cui gli evangelisti ne scrissero il nome. Lo stesso che, come per noi, era ed è scritto nel libro della vita, assieme al nuovo. Amen.

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